L’ISTAT ha pubblicato i dati sulla povertà in Italia dando un quadro sull’andamento di questo indicatore dal 2005 al 2017 e differenziando tra “povertà assoluta e “povertà relativa”: Le famiglie in “povertà assoluta” sono 1.778.000, cioè il 6,9% di tutte le famiglie italiane, nel 2005 erano 819.000. Se traduciamo questo dato famigliare in numero di persone possiamo vedere che più di 5.000.000 di cittadini si trovano in questa condizione di povertà assoluta, cioè l’8,4% della popolazione (nel 2005 erano 1.911.000). Dall’analisi dei dati emerge che il Mezzogiorno è l’area territoriale più colpita, i giovani sono i più fragili e tra questi poveri i più poveri sono gli stranieri. Come si può evincere la crisi economica, con le pesanti ricadute sul lavoro, ha dilatato la frattura nella distribuzione della ricchezza nel nostro paese; questi dati confermano il grande tema della equa redistribuzione della ricchezza che un Paese produce. Proprio in questi periodi in cui stanno passando messaggi su una riforma fiscale che punta al superamento della proporzionalità delle imposte, sulla possibile “pace fiscale è bene riportare all’attenzione di tutti questi dati che rappresentano un dramma per una parte consistente di persone. La povertà ha un impatto dirompente sulle persone e soprattutto nei nuclei famigliari. Servono intervento a tutto tondo, sul piano economico, sul piano formativo, psicologico e sociali capaci di spezzare la catena del disagio. L’Italia si è finalmente dotata di uno strumento universale di contrasto alla povertà: il REI (Reddito di Inclusione) è diventato una posta strutturale del bilancio dello Stato. Tuttavia questo strumento non ha una dotazione di risorse adeguato e, nella sua parte normativa, non è adeguato a rispondere alla complessità delle situazioni in cui si trovano le persone in condizione di povertà.